Giorno 1: Il pomodoro, materia prima preziosa

Arruolamento delle maestranze, per competenza e capacità, chi a pulire i pomodori, chi a selezionare e lavare il basilico, chi a occuparsi della cipolla. Ci vuole tutta la famiglia e certe volte pure i vicini: i piccoli a togliere i piccióli - senza stringere il pomodoro, mi raccomando - i grandi a dividere i pomodori selezionandoli uno ad uno per l’estratto, per la salsa, per il pomodoro secco. E poi chi a occuparsi delle cassette, chi del fornello, chi delle pentole, un lavoro di squadra che, superato il primo collaudo, funziona alla perfezione, come in un’orchestra.

 


Giorno 2: La salsa di pomodoro è affare di famiglia

Tutto un clangore festante, un baccano allegro, un taglia, lava, sminuzza, attento ai bambini, caccia le vespe, dove sono finiti i coltelli, accendi il fuoco, porta l’acqua, santo cielo che caldo fa, ehi ti ho visto: giù le mani dalle bottigliette!
E le chiacchiere e le storie e chiamare i vicini a raccolta, ché basta un pane rustico e due acciughe, fetta di pomodoro e olio, quello buono, e la cena è servita, perché non c’è tempo di preparare e sedersi, la salsa è lenta ma non concede pause perché la maturazione rende i pomodori delicati; “mi raccomando” è la parola d’ordine, insieme a “il contadino s’è tanto raccomandato” e subito sull’attenti, perché il contadino è, in questa festa comandata tutta nostra, il primo, il solo, un celebrante quasi mistico che dispensa consigli e informazioni fondamentali: “Questo pomodoro ha preso più acqua quindi va trattato così miraccomando, quest’altro invece era esposto al lato del mare, non vuole assai sale miraccomando, questo pare brutto ma se senti l’odore...” e via così da un miraccomando all’altro.

 


Giorno 3: Il sapore di un prodotto artigianale

Quello dell’ennesimo setaccio, l’ultimo, il più solenne. Setaccio, imbuto, bottiglie piene a due dita dall’imboccatura, mi raccomando. Mentre da una parte il pomodoro sulle tavole prende una consistenza cremosa, striato e rigirato dalle mani sapienti di nonna e zia, comincia a emanare un profumo acre e va coperto con le garze, dall'altra l’esercito di bottiglie passa alla leva per ricevere il suo cappello e subito l’abbraccio dello strofinaccio per essere tuffato in pentola. 

Una tradizione inoppugnabile, rito di continuità e insieme senso pratico ed etico: conservare i pomodori raccolti nel loro momento migliore, quello in cui il sole ha fatto tutto il suo lavoro, rendendoli succosi e profumati, e bisogna che la famiglia faccia il suo cioè aver cura del raccolto. Una cosa che in Sicilia si impara dai nonni e si tramanda perché si sa è la natura a insegnarci la filosofia anti-spreco.

A odor del vero quello della salsa è un gioco di reti sociali, di saperi condivisi, di prospettiva futura: fare in estate la salsa per tutto l’inverno per tutta la famiglia. Pregustare anche il pacchetto da mandare a parenti e amici su al nord perché la salsa è un dono, è la terra che parla con il mare e si concede al sole e poi si racconta a noialtri, in tutte le sue forme: una litanìa felice di barattoli da aprire man mano per riportare d’inverno, un poco di sole in casa. Una vera madeleine, la salsa di pomodoro, un inno alla vita che si tramanda da un anno all’altro. Poi, chiamatela pure solo salsa, da noi è sugo, il succo della vita.

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