Dove un veterinario comincia a occuparsi di agricoltura per fondare un nuovo-vecchio metodo, socialmente sostenibile, rispettoso, buono anche nel piatto.

Agri-Cultura vorrei chiamarla, questa storia di radici da allevare, di consapevolezza da riscoprire, di passione e amore per l’uomo e per gli animali. La Granda Quality Food”, è un consorzio di allevatori fondato da Sergio Capaldo per la salvaguardia e il rilancio della razza bovina piemontese. Il consorzio parte da un’idea rivoluzionaria e semplicissima: l’animale sta bene se vive bene e dal suo benessere dipende il nostro. Apparteniamo a un ciclo, a una catena che ha già tutto al suo interno e che è pensata in un equilibrio sano, autoregolato e naturalmente portato alla rigenerazione.

Un po’ una cosa come come “per fare l’albero ci vuole il seme [...] per fare un tavolo ci vuole il fiore” insomma, Sergio Capaldo - veterinario, studioso, curioso con il pallino per l’alimentazione degli animali (inclusi quelli umani) - ci racconta come e perché l’allevamento passa per l’agricoltura e la catena alimentare non può fare a meno di regole antiche da recuperare e sviluppare.

“Una storia nata per passione con gli amici di Slow Food contro la diminuzione di allevamenti di questa razza, che è complicata, lenta, coinvolge tutta la famiglia. Siamo partiti sostenendo gli allevatori perché la velocità richiesta dal mercato, gli complicava la vita quindi complicava la vita degli animali. Ma il segreto era il tempo, la terra che li nutriva. Oggi i nostri disciplinari partono dal ripristino dei fieni polifiti cioè quelli che si fanno da più varietà perché paglia e concentrati non possono essere buon cibo per un ruminante, non gli bastano”.

Da qui si sviluppa il progetto di “Agricoltura simbiotica”: rigenerare la terra, perché poi ci pensi lei a rigenerare gli animali, secondo i dettami greci per cui da ciò che mangiamo dipende la salute dell’organismo, rendendolo capace di affrontare tutto. Carbonio, CO₂, biota microbico, è qui la biodiversità Made in Italy da esportare perché è qui che facciamo la differenza, la sostenibilità e il sostentamento del pianeta.

 Lavorare sulla parte viva della terra, non su quella morta come fa la maggior parte dei fertilizzanti, noi alleviamo gli animali senza andare in farmacia. Come per gli esseri umani: se sto bene non servono medicine né integratori, non miriamo ad avere animali “palestrati”, miriamo ad avere animali sani, il vitello che nasce e cresce con la madre ne acquisisce tutto ciò che gli serve e il gusto viene da questo, ma allora lavoriamo sull’ambiente per ripristinarne le qualità originarie! Certo è un processo lungo ma decisamente possibile, quello che sembra oneroso adesso - in termini di tempo e risorse - è in realtà un enorme risparmio.” 

Un vero approccio olistico al tema dell’allevamento, antico e incredibilmente contemporaneo: “Restituire alla terra l’originaria circolarità degli elementi. Adotta un microbo per amico dico io, ci siamo concentrati sulla lotta ai cattivi senza pensare che il nostro corpo ha un buon 75% di microbi buoni che ci difendono, se ce ne priviamo perdiamo difese che dovremo ripristinare con la medicina, la ricerca deve lavorare su come evitarla questa forma di medicina! Quando l’America ha scelto l’antibiotico, che costava meno, invece del vaccino per la salmonella, non capì che limitare l’infezione era in realtà più sostenibile che curarla, non capì che per risparmiare dopo doveva spendere prima".

- Cosa non deve mai mancare nella vita, a parte la salute?

“Ci sono due cose al mondo che contano sempre: la tovaglia e il lenzuolo (sic!) e appartengono alla stessa semantica, c’è tutto lì, l’amore, la convivialità, la cura.”